domenica 13 dicembre 2015

Ricordi di Natale


Barbara osservò i bambini dormire sereni nei loro letti, un dolce e tenero sorriso stampato su ognuno di quei bei visetti. Era la notte di Natale, ed era stata veramente un'impresa convincerli ad andare a letto. Anna e Tommaso avevano supplicato a lungo di rimanere alzati ad aspettare l'arrivo di Babbo Natale, ma quando aveva detto loro che se fossero rimasti in piedi lui non sarebbe venuto, si erano decisi, seppur controvoglia, ad andare a letto.
Come ogni Natale, Barbara aveva preparato loro una bella cioccolata calda, accompagnata da dei graziosi biscotti che i bambini l'avevano aiutata a realizzare nel pomeriggio, e avevano prepato una cioccolata calda e un piattino di biscotti anche per Babbo Natale, insieme ad una letterina di ringraziamento che Anna aveva scritto per lui.
Barbara socchiuse la porta della loro stanza mentre si avviava verso il soggiorno.
«Si sono addormentati?» domandò il marito.
«Sì, dormono come sassi».
«Bene» e, afferrato uno dei biscotti dal piattino, se lo mise in bocca e aprì la cassapanca dove ogni anno nascondevano i regali per i bambini. Era strano, ma quello era l'unico posto in cui non pensavano mai di andare a guardare. La settimana prima di Natale giravano per casa rovistando ovunque e mettendo tutto a soqquadro, ma a nessuno dei due era mai venuto in mente di guardare nella cassapanca, probabilmente perchè sono le cose che abbiamo sotto il naso ogni giorno che si danno per scontate.
Mentre Massimo spazzolava la merenda di Babbo Natale, Barbara disponeva accuratamente i regali sotto l'albero, certa che l'indomani i bambini si sarebbero alzati presto e sarebbero accorsi a controllare il loro bottino, buttando tutto all'aria.
Dopo aver finito, Barbara alzò la testa e lo sguardo le cadde su uno degli angioletti che decoravano l'albero. Era un angelo che sua madre aveva realizzato all'uncinetto quando lei era solo una bambina. Lo sfiorò delicatamente con l'indice.
Quanto le mancava sua madre, specialmente in quel periodo dell'anno in cui l'affetto e il calore della famiglia sanno scaldare il cuore come nient'altro al mondo. Sua madre era morta quattro anni prima e non passava giorno in cui lei non sentisse la sua mancanza, ma a Natale... a Natale quel vuoto bruciava dolorosamente nel petto.
Barbara chiuse gli occhi, mentre la mente tornava indietro, ad un Natale passato. Lei e sua madre erano davanti al caminetto della loro casa di campagna. Se ne stavano sotto una coperta di lana a sorseggiare una cioccolata calda con la panna e un pizzico di cannella sopra, parlando del più e del meno, mentre suo padre disponeva sull'albero gli angioletti che sua madre aveva realizzato con tanta cura durante l'avvento. Tutte le decorazioni dell'albero erano rigorosamente fatte a mano da sua madre perchè, come ripeteva sempre lei, non c'era niente di più bello e prezioso di qualcosa fatto con le proprie mani.
Barbara riemerse dai suoi ricordi e sorrise all'angioletto, rimettendolo al suo posto. Sì, pensò, sua madre le mancava ogni giorno, ma vedere quelle decorazioni appese le ricordava che lei era sempre presente, nel suo cuore, negli occhi dei suoi figli e in ogni singolo gesto che compiva ogni giorno della sua vita.
Fece un lungo respiro profondo e l'odore di cannella che permeava l'aria le solleticò le narici, ricordandole che nessuno ci lascia mai per sempre.
Barbara prese suo marito per mano e si avviò verso la loro camera da letto. Erano ormai le due del mattino, e di sicuro le due piccole pesti si sarebbero svegliate alle sette, per aprire i loro regali. L'angioletto, intanto, continuò ad ondeggiare un altro secondo sul suo ramo, il sorriso dipinto in una smorfia buffa, mentre ogni rumore svaniva e la casa piombava dolcemente nel silenzio che precede i sogni. 
 
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L'avvicinarsi delle festività natalizie porta sempre con sè un po' di malinconia. Natale è una festa da trascorrere in famiglia o con le persone a noi più care e, dunque, in questo periodo la mancanza di una persona amata si fa sentire più forte. Il vuoto che sentiamo nel nostro cuore sembra aprirci un abisso dolceamaro fatto di ricordi. 
Questo racconto è un modo per ricordare che anche se quelle persone non ci sono più, rimarranno per sempre nei nostri cuori e continueranno a vegliare su di noi.

lunedì 7 dicembre 2015

Un anniversario speciale


L'imbarcazione scivolava dolcemente tra le onde. Gli occhi di Marta scrutavano meravigliati il sole che, come un amante, si tuffava appagato tra le braccia del mare. Il cielo era un'esplosione di colori e il vento le solleticava il viso. Marta chiuse gli occhi e sorrise. Era stata una giornata perfetta, all'insegna del romanticismo. Non poteva desiderare di più.
Il suo sguardo si posò sul marito, alla guida del motoscafo. Era fortunata ad averlo incontrato, lo sapeva bene. Fabio era una delle persone più dolci e altruiste che avesse mai conosciuto. Difficile non restare conquistati dal suo buon cuore e dal suo sorriso. Per festeggiare il loro secondo anniversario aveva pensato proprio a tutto: si era fatto prestare il motoscafo della sorella, aveva preparato un cestino da picnic per la cena e ora l'avrebbe portata a vedere i fuochi d'artificio sulla laguna di Venezia.
Sì! Era davvero una donna fortunata. A volte si domandava cosa mai trovasse in lei e cosa l'avesse spinto a sceglierla tra tutte le donne che gli sbavavano dietro. Una volta aveva provato a chiederglielo, ma lui, scherzando, le aveva risposto che si era innamorato alla follia dei suoi spaghetti alle vongole.
«Cosa c'è?», le domandò Fabio dopo aver notato il suo sguardo assorto.
«Niente», mentì lei con un sorriso, «Ricordami solo di ringraziare tua sorella per la barca».
«Non ringraziarla, fidati».
«Perché no?»
«Perché in cambio le ho promesso che terremo i gemelli il prossimo fine settimana».
Marta rimase senza parole. I gemelli erano due piccoli mostriciattoli di tre anni che passavano le giornate a correre per casa distruggendo, come un terremoto, tutto ciò che capitava loro a tiro. Lei arricciò le labbra al solo pensiero. Sarebbero stati due giorni tremendamente lunghi.
Notando l'espressione dipinta sul volto della moglie, Fabio non riuscì a trattenersi dal ridere.
«Suvvia amore, non sono così terribili» la prese in giro lui, sedendosi accanto a lei.
«No no, sono due angioletti», ribatté facendogli la linguaccia, «Ma solo quando dormono».
«Vorrà dire che gli daremo un litro di camomilla a testa»
«Nemmeno tutta la valeriana del mondo potrebbe calmare quelle due graziose bestioline», sbuffò.
Fabio la strinse dandole un piccolo bacio sulla punta del naso, poi immerse il suo viso nei suoi capelli. Dopo essersi inebriato del loro profumo, le sussurrò all'orecchio: «​Stavo scherzando».
Marta si staccò da lui​: «Come???​»
«​Era uno scherzo», ripeté lui.
Risentita, iniziò a colpirlo con un cuscino.
«​Scusa, scusa, scusa» la implorò lui per farla smettere.
Non appena Marta abbassò la mano che reggeva il cuscino, Fabio le saltò addosso e, bloccandola con il proprio corpo contro il ​​​bordo dell'imbarcazione, iniziò a farle il solletico.
«​Dai, Fabio... Smettila!!!» urlò lei tra una risata e l'altra.
«​Come desideri», l'accontentò lui.
Marta si aggrappò al bordo del motoscafo e lo fissò imbronciata.
Quell'espressione la faceva sembrare una bambina capricciosa. Una bellissima bambina capricciosa. Permalosa com'era, Fabio non le avrebbe mai confessato che era proprio per quel suo viso imbronciato, e per la buffa espressione che assumeva​​, che si era perdutamente innamorato di lei.
Appoggiò la fronte contro la sua e si immerse nelle profondità di quei meravigliosi occhi color cioccolato.
«​So come farmi perdonare»​ bisbigliò e, senza staccare gli occhi dai suoi, si allontanò di qualche passo, afferrando la borsa frigo da cui estrasse una piccola scatola di cartone che mise tra le mani di lei.
Quando Marta vide cosa conteneva, la sua espressione corrucciata lasciò il posto ad un dolcissimo sorriso denso di ricordi. All'interno della scatola c'era una coppetta di tiramisù, identica a quella che avevano mangiato al loro primo appuntamento.
«Sono tornato in quel ristorante, ieri sera, e l'ho comprato», le rivelò, «Basta per farmi perdonare?»
Come risposta Marta gli accarezzò i capelli e lo attirò a sé, mordicchiandogli il labbro inferiore.
La serata trascorse​​​ tranquilla. Il cielo era limpido e i due si misero ad osservare le stelle, divertendosi a trovare le varie costellazioni e inventandone di nuove.
Quando iniziarono i fuochi, Marta abbandonò le calde braccia di Fabio e si precipitò ad ammirarli, poggiando i gomiti sul bordo del motoscafo.
Fabio rimase seduto dall'altra parte, gli occhi fissi su di lei. Piacevolmente sorpreso, si accorse che, ogni volta che i fuochi d'artificio illuminavano la notte, il vestito bianco che Marta indossava diveniva quasi trasparente, permettendogli di assaporare con gli occhi le dolci curve della moglie. Senza pensarci due volte, si alzò e l'abbracciò da dietro, mentre le sue mani le sfioravano lentamente le braccia, per poi spostarsi lungo i fianchi.
«Non è la cosa più bella che tu abbia mai visto?» mormorò lei indicando lo spettacolo pirotecnico.
«La cosa più bella sei tu» sussurrò lui, «Ora ti andrebbe di dirmi quella cosa che hai tanta paura di dirmi?».
Fabio la strinse a sé senza permetterle di voltarsi, e una mano scese ad accarezzarle il ventre.
Spiazzata, Marta rimase senza parole. Come poteva saperlo?​
«Ho visto l'ecografia nella tua borsa l'altra sera, mentre cercavo le chiavi dell'auto. Perché non me l'hai detto prima?» domandò con voce tranquilla, senza alcuna nota di risentimento.
«Non lo so» disse lei, rispondendo più a se stessa che a lui, «Forse pensavo che una volta detto a qualcuno sarebbe diventato reale».
La sua Marta.
Fabio la fece voltare verso di lui, prendendole la testa fra le mani.
La sua dolce, permalosa, testarda e timorosa Marta. Aveva sempre paura di ogni cosa, di ogni piccola novità o cambiamento. E quello era un grosso cambiamento.
La baciò dolcemente, cercando di infonderle tutto l'amore che provava per lei.
Marta incrociò il suo sguardo.
«Speriamo solo non siano come i gemelli» mormorò e lui non poté non augurarsi la medesima cosa.

lunedì 30 novembre 2015

Un re che amava troppo - parte 5a

"La fiaba è il luogo di tutte le ipotesi: essa ci può dare delle chiavi per entrare nella realtà per strade nuove, può aiutare il bambino a conoscere il mondo"
- Gianni Rodari -
Tempo fa ho iniziato a scrivere una fiaba a capitoli sul sito di THe iNCIPIT. Mi ci è voluto un po' per ritrovare l'ispirazione e proseguire il racconto, anche perché la votazione dei lettori era perennemente in una situazione di stallo e non riuscivo a scegliere la strada giusta per continuare questa storia.
La quarta parte si era conclusa con una domanda molto semplice, ovvero se spostare l'attenzione della storia su un altro personaggio (il re o la veggente) o se rimanere ad osservare gli avvenimenti dal punto di vista della principessa. Sebbene il giudizio dei lettori fosse completamente d'accordo sul cambiare la prospettiva di questa storia, non si era purtroppo giunti ad una decisione definitiva su chi fosse il personaggio migliore su quale concentrare la narrazione.
Se avete già letto i primi capitoli di questa fiaba e volete dunque scoprire qual è stata in definitiva la mia scelta, la quinta parte vi aspetta. Se, invece, non l'avete mai letta o volete rileggerla per rinfrescarvi la memoria, leggetela dall'inizio. Sono certa che non ve ne pentirete.
Una volta terminata la lettura, se lo desiderate, potrete aiutarmi a scegliere come proseguire al meglio questa fiaba.

mercoledì 25 novembre 2015

Personaggi stereotipati? No, grazie!

Creare un personaggio non è mai facile e può capitare di costruire personaggi stereotipati, vuoti e privi di spessore. Per poter dar vita a personaggi intriganti ci sono due cose molto importanti che bisogna fare: analizzare e sperimentare.

Leggete spesso, non soffermatevi su un solo genere o un solo autore in particolare; non leggete solo libri di autori noti o di grandi autori della letteratura moderna, ma provate anche a leggere racconti e libri di autori contemporanei, poco noti. Osservate il modo in cui vengono rappresentati i personaggi, quali emozioni suscitano e in cosa vi rispecchiano.
Ma perché soffermarsi solo sui libri, quando possiamo anche analizzare i personaggi creati ad hoc per film e telefilm?


Sapete, ho imparato molto su come costruire un personaggio guardando la serie tv Once Upon a Time, dove non esiste un cattivo o un eroe che sia completamente tale, ma dove la caratteristica più importante di ciascuno è la propria umanità.
A mio parere si tratta di una serie veramente bella e particolare per svariate ragioni.
Innanzitutto è un ottimo spunto per uno scrittore, soprattutto per quanto riguarda la caratterizzazione e lo sviluppo dei personaggi. Gli autori della serie hanno scelto di utilizzare personaggi ormai triti e ritriti: i personaggi delle fiabe. Chi di voi non conosce Biancaneve, Cenerentola, la Regina Cattiva, la Bella Addormentata o Cappuccetto Rosso? 
Tutti i personaggi che hanno accompagnato l'infanzia di generazioni sono stati raggruppati in questo telefilm, dando vita ad un universo unico e originale, ambientato sia nel mondo moderno che in quello delle fiabe. Se tutto questo non bastasse, le fiabe si mescolano a storie della letteratura moderna, come ad esempio Frankenstein o il Mago di Oz, dando vita ad una trama interessante e ricca di dettagli.
Si tratta sì di personaggi di cui forse si è parlato fin troppo, ma rappresentati in chiave moderna.
Non potete negare che si tratti di un'idea geniale.

Mi piace molto il modo in cui sono stati rappresentati i protagonisti e gli antagonisti delle fiabe: la candida Biancaneve dal cuore puro e immacolato assume un lato più umano e meno stereotipato. Le vicende che travolgono i personaggi conducono la dolce principessa a macchiare il suo cuore, come a ricordarci che anche la persona più buona del mondo in realtà è un essere umano capace di commettere errori.
La perfezione non esiste, dunque perché dipingere personaggi falsi e piatti? Un personaggio stereotipato non è altro che un personaggio vuoto. Create personaggi a 360°, con i loro difetti e le loro debolezze; così facendo permetterete ai vostri lettori di identificarsi con loro e di apprezzarli proprio per quei tratti che li rendono ciò che sono: umani.
La perfezione non è altro che pura illusione. 

In ogni storia che si rispetti ci deve sempre essere un cattivo, o almeno così dovrebbe essere, ma è il modo in cui lo rappresentiamo che può fare davvero la differenza, rendendo più avvincente la trama che andremo a comporre. 
Questa volta lasciamo da parte le fiabe e prendiamo come esempio un telefilm che secondo me calza a pennello. Sto parlando di Gotham 
Questo telefilm non è altro che una sorta di prequel di Batman. L'attenzione, però, non è incentrata sul giovane Bruce Wayne, bensì sul detective Jim Gordon, che sembra essere l'unico barlume di speranza per una città corrotta e preda di diversi Villans.
E' proprio su questi ultimi che vorrei spostare la vostra attenzione: molti di loro non sono dei veri e propri antagonisti, mentre altri ancora, all'inizio, appartengono per così dire "ai buoni" e difficilmente sospettereste di loro.
E' curioso vedere come gli autori abbiano scelto di raccontare nei minimi dettagli la storia di come ognuno di loro scelga poi di passare al "lato oscuro". Non è un percorso rapido, ma lento e graduale, fatto di piccoli gesti e decisioni sbagliate che rendono questi personaggi semplicemente umani.

Un autore deve continuamente sperimentare, giocare, creando personaggi sempre nuovi o, perché no, dando nuova vita ai personaggi a cui è affezionato. Provate a scrivere dei racconti per esercitarvi, non ve ne pentirete.
Interessante esempio è l'episodio diviso in due parti di Once Upon a Time - Operazione mangusta (4x21-22): i personaggi, a causa di un incantesimo, sono costretti a scambiarsi di ruolo e così la candida e amorevole Biancaneve prende il posto della Regina Cattiva, Tremotino diviene un cavaliere bianco che usa la sua magia per aiutare il prossimo e l'impavido Capitan Uncino diventa un timoroso e impacciato pirata. 
Un ottimo escamotage per ravvivare la trama e allo stesso tempo per esplorare ulteriormente i propri personaggi.



Forse tutto questo vi sembrerà scontato e penserete di aver sprecato il vostro tempo leggendo questo articolo, ma in realtà non è così: sono proprio le cose che si danno per scontate ad essere dimenticate per prime.


Per concludere, il consiglio che mi sento di darvi è questo:  
Leggete e Provate. Provate. Provate.

mercoledì 18 novembre 2015

In un giorno di pioggia

Il vento scompigliava i capelli di Veronica e ciocche ribelli le sferzavano il viso, come a voler cancellare quelle lacrime che testarde continuavano a sgorgare. Non sarebbe mai dovuta tornare lì, lo sapeva, su quella scogliera che racchiudeva così tanti ricordi di loro, di lui. Se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le sue labbra sfiorarle la fronte, prima di voltarsi e andarsene via, lontano da lei. 
«Ho trovato un'altra, mi dispiace Vero» erano state le ultime parole che lui le aveva rivolto. 
Veronica chiuse gli occhi, sentendo la rabbia montarle dentro e, incapace di trattenerla, urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Il suo grido venne soffocato da un'onda furente che si scaraventò contro la scogliera quasi volesse afferrarla e portarla via con sé. 
Il cielo plumbeo e minaccioso sembrava incombere su di lei.
Sii felice, aveva osato augurarle.
Cadde in ginocchio, le braccia strette al petto.
La pioggia iniziò a cadere lentamente, divenendo sempre più fitta, ma Veronica non se ne curò. In pochi minuti si ritrovò completamente inzuppata, i vestiti incollati addosso. Si rannicchiò per terra, in posizione fetale, cercando di arginare il dolore, lasciandosi sfiorare dal caldo abbraccio che la pioggia sembrava offrirle.
Chiuse gli occhi e immaginò che la pioggia lavasse via tutto il dolore.
Venne svegliata da un soffio di aria gelida, quando ormai era sera inoltrata. Non sapeva per quanto tempo era rimasta sdraiata lì, sulla nuda roccia. Alzò la testa in direzione della spiaggia e fu in quel momento che lo vide.
Passeggiava tranquillamente sotto la pioggia, protetto da un grande ombrello scuro, un ampio sorriso dipinto sulle labbra. Avanzava verso di lei a passo lento ma deciso.
Veronica si mise a sedere mentre osservava quell'anziano signore salire sugli scogli e raggiungerla per coprirla con il suo ombrello.
«Cosa ci fai qui, piccola? Ti prenderai un malanno. Guarda come sei inzuppata».
Lei, con il viso ancora bagnato di lacrime miste a pioggia, non sapeva cosa rispondere. Continuò a guardarlo in quei suoi occhi grigi, incapace di proferir parola.
«Fammi indovinare. E' colpa di un ragazzo, vero?»
Gli occhi di Veronica si riempirono nuovamente di lacrime.
«Suvvia, non piangere. Quel ragazzo non sa cosa si perde. Una bella ragazza come te troverà presto qualcuno di meglio» affermò lui porgendole un fazzoletto.
«Grazie» mormorò.
«Fossi stato qualche decennio più giovane non mi sarei fatto scappare una come te, ma mi sa che sono un po' troppo vecchio, vero?» disse lui scherzando.
Veronica non poté fare a meno di sorridere. Come un raggio di sole quello strano vecchietto così premuroso era riuscito a far breccia in quella nebbia fatta di tristezza, rabbia e delusione che l'avvolgeva.
Notando che la ragazza era bagnata fradicia e che l'aria si stava facendo sempre più fredda, l'anziano signore le cedette il suo cappotto e la invitò a seguirlo
«La mia casa è proprio qui dietro. Che ne dici di una bella cioccolata calda? Ti farebbe bene».
Colpita dalla generosità di quello sconosciuto, la ragazza accettò di buon grado e, stretti sotto l'ombrello, raggiunsero la piccola dimora del vecchio. Era una casetta di piccole dimensioni, ma entrandovi Veronica si sentì come a casa.
Lui si avvicinò in fretta al camino e, presa una coperta, insistette perché lei si sedesse lì a scaldarsi, mentre si destreggiava in cucina.
Gli occhi di Veronica osservavano la casa. Ovunque erano sparse fotografie che ritraevano lo stesso soggetto: una donna, non troppo giovane ma nemmeno troppo vecchia. Non era in grado di capirne l'età, ma si trattava comunque di una bella donna. Prima ancora che potesse aprir bocca il vecchio le mise tra le mani una bella tazza fumante, arricchita da un po' di panna montata e una spruzzata di cacao.
«Era mia moglie» spiegò il vecchio alludendo alle foto.
«Era?» disse lei in un sussurro.
«Il cancro me l'ha portata via tanti anni fa». I suoi occhi si posarono su una di quelle fotografie. La sua preferita era appesa appena sopra il caminetto e ritraeva la moglie sulla spiaggia, i capelli mossi dal vento e un leggero sorriso dipinto sulle labbra, lo stesso sorriso che sfiorava ora le labbra di lui al ricordo di quella giornata.
Pioveva da giorni e sua moglie, stanca di stare in casa a causa della malattia, aveva supplicato il marito di portarla a fare una passeggiata in spiaggia finché lui non aveva ceduto. Si erano recati lì nel primo pomeriggio, quando la pioggia aveva finalmente deciso di prendersi una pausa, lasciando che timidi raggi di sole rischiarassero il cielo grigio. La donna si era allontanata di qualche passo, aprendo le braccia e lasciandosi accarezzare dal tiepido calore del sole. Lui non aveva resistito alla tentazione e le aveva scattato quella fotografia per immortalare quel momento di serenità rubata, dopo mesi di sofferenza.
Era stata una delle loro ultime uscite. Qualche settimana dopo le condizioni della moglie si erano aggravate e il loro tempo era scivolato via veloce, come granelli di sabbia in una clessidra.
Ormai erano passati più di trent'anni, le raccontò, ma non passava giorno in cui lui non camminasse su quella spiaggia per rivivere il ricordo di lei, in attesa di raggiungerla.
Veronica non aveva mai conosciuto nessuno capace di un amore così grande, un amore che andava oltre la morte. Al suo confronto, quello che aveva vissuto lei si poteva definire al massimo un amore passeggero, privo di sostanza.
Si era fatto tardi e Veronica salutò quell'anziano signore, ringraziandolo di cuore per averle mostrato cosa significa amare davvero qualcuno e assicurandogli che non avrebbe più versato una lacrima per quel mascalzone che aveva avuto così poca considerazione di lei.

Gli anni passarono e Veronica non scordò mai di passare a trovare il suo vecchio amico la domenica pomeriggio. Camminarono insieme sulla spiaggia, a volte rimanendo in silenzio ad osservare la spiaggia, altre discorrendo del più e del meno. Lui la vide crescere e trasformarsi in una bellissima donna, capace di stupirlo con la sua semplicità. Se avesse avuto il privilegio di avere una figlia, avrebbe di sicuro desiderato che fosse come lei.
La ragazza disperata e triste che aveva visto quella sera sulla scogliera sembrava essere lontana anni luce dalla spensierata donna che gli stava ora davanti.
Una domenica, Veronica e il suo fidanzato si avviarono verso la casa del vecchio. Era da tanto che lei ci teneva a presentarglielo. I due provarono a bussare un paio di volte, ma l'uomo non era in casa.
Non era la prima volta che la precedeva in spiaggia, per cui Veronica non si preoccupò.
Passeggiarono sulla spiaggia, le scarpe in mano, quando un gruppetto di persone attirò la loro attenzione. Si avvicinarono incuriositi mentre due paramedici con una barella si stavano avvicinando ad un uomo riverso sulla sabbia. Quando lo issarono sulla barella, Veronica fu in grado di vedere il suo viso e lo riconobbe. Non c'era bisogno che glielo dicessero. Le era bastato vedere il sorriso dipinto sul volto di lui per capire che non c'era più nulla da fare. La morte l'aveva colto proprio lì, su quella spiaggia che tanto amava.
Veronica guardò verso il mare e una lacrima solitaria le scivolò lungo la guancia, ma lei l'asciugò con le dita. Le dispiaceva aver perso quel caro amico che aveva fatto così tanto per lei, ma in fondo al cuore sapeva che, ovunque fosse, ora lui era felice, circondato dalle braccia della persona che amava.

Veronica tornò spesso in quella spiaggia negli anni seguenti, a volte da sola, altre volte in compagnia. Un giorno, mentre girovagava tranquilla sulla spiaggia insieme a sua figlia, con la sabbia che dolcemente accarezzava loro i piedi, quest'ultima, curiosa come sempre, le domandò: «Perché veniamo sempre qui mamma?»
«Perché è un posto speciale, magico. E' la baia degli angeli».
«E tu ne hai mai incontrato uno mamma?»
«Sì, tesoro. In un giorno di pioggia» rispose lei, lo sguardo perso nel vuoto, in cerca di ricordi passati che, nonostante il tempo trascorso, continuavano a scaldarle il cuore.

lunedì 16 novembre 2015

Sussurri d'Anima

Sussurri d'Anima ritorna alla vita. Il mio vecchio sito web ha finalmente un nuovo volto e tante novità.
http://sussurridanima.altervista.org/
Ci ho messo un po', ma sono davvero soddisfatta del risultato.
 
Innanzitutto il sito è accessibile anche da tablet e smartphone, proprio come questo blog. Avrete sempre a portata di mano qualcosa da leggere.
 
Tutti i miei racconti sono stati catalogati per genere, fornendo a chiunque la possibilità di trovare facilmente i racconti in base ai suoi gusti, ma non solo!

Al giorno d'oggi le persone fanno sempre più fatica a ritagliarsi del tempo per leggere. C'è chi legge sull'autobus, sulla metro, in treno o mentre sta aspettando in fila alle poste, o in qualsiaso altro luogo o momento della giornata.
Perché dunque non suddividere i racconti in base al tempo di lettura
In questo modo ognuno può selezionare i racconti in base al tempo che ha a disposizione, senza essere quindi costretto ad interrompere la lettura proprio sul più bello (Cosa che a me capita abbastanza spesso. Che nervi!!!).
Nel menù troverete una simpatica icona a forma di orologio che vi permetterà di scegliere il racconto in base alle vostre esigenze. 
 
Semplice e veloce, non trovate?

sabato 14 novembre 2015