venerdì 29 aprile 2016

Due linee sottili

Due linee sottili 


Ilaria misurò il soggiorno a grandi passi, girando per l’ennesima volta attorno al tavolo. Quei tre minuti le sembrarono i più lunghi della sua vita.
Tutto era iniziato l’estate prima, in una calda serata d’Agosto. Aveva incontrato Leonardo mentre lavorava come cameriera in un piccolo bar in centro. Era stato subito amore a prima vista e i due avevano trascorso dei mesi indimenticabili, ma ora tutto era bruscamente finito; la sua ex era tornata da poco single e lui si era gettato subito ai suoi piedi. E se non fosse stato per quel piccolo inconveniente, come lo definiva lei, sarebbe stata ben più che lieta di dimenticarsi completamente di quell’imbecille.
Il cellulare squillò, segno che i tre minuti erano passati. Si avvicinò al tavolo, spense il timer e girò il test di gravidanza; le mani le tremavano. Due linee sottili confermarono i suoi sospetti, minacciando di gettarla completamente nel panico. Prima che potesse formulare un qualsiasi pensiero, sentì il padre aprire la porta di casa. Ilaria afferrò in fretta il libro di algebra che era lì vicino e riuscì a nascondervi il test appena prima che il padre alzasse gli occhi e si voltasse a guardarla.
«Ciao tesoro, mi sembri un po’ pallida. Va tutto bene?»
«No, cioè sì… sono solo preoccupata per algebra. Tra pochi giorni c’è il compito» si giustificò lei, stringendo a sé il libro e pregando che suo padre non facesse ulteriori domande.
Fortunatamente per lei, il padre era tornato solo per prendere alcuni documenti che aveva dimenticato prima di uscire e doveva correre subito da un cliente per mostrargli un appartamento.
Ilaria gli sorrise prima che lui tornasse al lavoro, ma appena sentì la porta chiudersi, si appoggiò alla parete e si lasciò scivolare sul pavimento. Ricontrollò nuovamente il test, per essere certa di non aver visto male, ma non era così. Provò a consolarsi, sostenendo che quel tipo di test non era pienamente affidabile, ma si diede della stupida da sola. Ancora prima di farlo sapeva già quale sarebbe stato l’esito; riusciva a sentirlo in ogni fibra del suo essere. Quel test era solo una banale conferma.
Aveva solo diciassette anni, per l’amor del cielo! Come avrebbe fatto? Confidarsi con i suoi genitori era impensabile. Sua madre era una donna troppo egoista per preoccuparsi minimamente di lei e il padre, beh… come minimo l’avrebbe uccisa.
Ilaria si asciugò le lacrime con rabbia. Era stata una stupida e ora ne avrebbe pagato le conseguenze. Scagliò il libro dall’altra parte della stanza. Al diavolo il compito di algebra; era l’ultima delle sue preoccupazioni.
 

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giovedì 7 aprile 2016

Riportami a casa

Riportami a casa

Nonostante la legge parlasse chiaro, non ho mai potuto fare a meno di fantasticare sul mondo che c’era là fuori, oltre quegli alberi e quella foresta che tanto amo. Era più forte di me. Mi sono spinta più e più volte fin quasi al limitare del nostro territorio, senza avere mai il coraggio di fare quello che il mio cuore mi suggeriva da tempo: varcare quel confine.
Una ninfa vive per servire la natura e trae la sua felicità dalla terra stessa. Questo era quello che ci era stato insegnato, il motivo per cui eravamo state create, e questa spiegazione sembrava essere sufficiente per tutti, ma per me.
Ogni mattina mi allontanavo dal cuore della foresta, verso le aree più remote, dove le altre ninfe non osavano spingersi. I miei piedi accarezzavano l’erba bagnata dalla rugiada del mattino, mentre a passo lento mi aggiravo fra gli alberi, sfiorando le loro cortecce e lasciando che fosse il vento a guidarmi nella giusta direzione. In ogni fibra del mio essere avvertivo la foresta che si risvegliava dopo il lungo letargo a cui l’inverno ciclicamente la costringeva; potevo percepire ogni pianta e ogni creatura vivente nel raggio di qualche centinaia di metri. Ero un tutt’uno con l’intera foresta, eppure mi sentivo incompleta.
Cosa c’era mai di sbagliato in me? Avrei voluto essere felice e spensierata come le mie compagne, danzare sotto la luna e la pioggia, ridere e celebrare la rinascita della terra, ma la mia anima era come guastata dal desiderio di conoscere ciò che c’era al di là del piccolo mondo che avevo imparato a conoscere.
Trascorsero molti anni prima che riuscissi a raccogliere abbastanza coraggio da fare quel passo, ma alla fine, in una notte di luna nuova, nascosta sotto il mio mantello, mi allontanai dalla foresta senza voltarmi indietro. ​
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