Avete mai notato che
nei film le cose più brutte e tremende accadono sempre di notte o in
luoghi bui e inospitali? Come se si volesse relegare ogni dolore in
una sfera particolare, in cui tutto sembra oscuro e spaventoso. Si
cerca di trasmettere allo spettatore il timore e la sofferenza che
pervadono il protagonista attraverso colori e suoni poco rassicuranti
e che lo predispongano a percepire quel momento come cruciale. E
tutto ciò che lo spettatore prova in quel momento magicamente
svanisce quando le luci della sala si riaccendono, dissolvendo la
magia creata ad arte dai produttori.
Ma la realtà è ben
diversa. Le cose brutte accadono sempre, non solo quando tramonta il
sole e la notte stende la sua ombra su tutto e tutti. Ed è proprio
in un giorno in cui il sole splendeva alto nel cielo che incontrai la
morte.
A proposito... mi
chiamo Eleonora e questo è ciò che è mi accaduto.
Era un banale sabato
di marzo e come al solito stavo andando a fare la spesa per il
weekend. Mentre passeggiavo per il centro di Padova, passai accanto
ad una pasticceria e i miei occhi non poterono non notare la
meravigliosa torta esposta in vetrina. Una magnifica ed invitante
Sacher che sembrava supplicarmi di comprarla.
Ovviamente non
resistetti alla tentazione. Era la torta preferita di mio marito,
oltre che la mia, così decisi che sarebbe stata un'ottima idea
portargliela al lavoro visto che non sarebbe rientrato per pranzo.
Era da un po' che non gli facevo una bella sorpresa e questa
settimana era stato così impegnato con il lavoro, che pensai avrebbe
gradito una bella fetta di torta per smaltire un po' di stress.
Mi diressi a passo
spedito verso il suo ufficio, la torta fra le mani e un sorriso
soddisfatto dipinto sul viso. Prima di entrare incrociai Lorenzo, uno
dei colleghi preferiti di mio marito, che fumava una sigaretta vicino
alla porta d'ingresso. Non appena mi vide il suo viso perse colore
per un istante, ma poi mi salutò allegramente.
«Ehi, Ele... come
stai? Tutto bene? Che ci fai qui?» la sua voce era strana. Non
sembrava molto felice di vedermi, ma non avrei saputo spiegarne il
motivo. Avevo sempre pensato di essergli simpatica.
«Ciao Lorenzo,
tutto bene, sì. Sono passata a salutare Maurizio, gli ho portato una
fetta di torta».
«Maurizio è uscito
per una commissione, ritornerà più tardi. Mi dispiace» il suo
sorriso era tirato e mentre mi parlava i suoi occhi cercavano di non
incrociare il mio sguardo.
«Non importa, salgo
un attimo a posare questa sulla sua scrivania e torno a casa».
Lorenzo cercò di
mettersi tra me e la porta, ma non avevo proprio voglia di perdere
tempo con lui, perciò aprii velocemente la porta evitandolo.
L'ascensore nell'atrio era aperto e, dopo aver premuto il pulsante,
cercai di sistemarmi i capelli come meglio potevo, osservando il mio
riflesso sulla porta dell'ascensore.
L'ufficio di mio
marito era all'ultimo piano. Essendo sabato la maggior parte degli
impiegati era a casa a godersi il weekend, per cui l'intero piano era
quasi deserto. Quando arrivai davanti alla porta dell'ufficio sentii
la voce di mio marito che rideva. Era da un po' che non lo sentivo
ridere così. Mi avvicinai e aprii leggermente la porta incuriosita,
ma lo spettacolo che mi si presentò davanti agli occhi mi lasciò
senza fiato.
Lui era davanti alla
scrivania, i pantaloni abbassati e la camicia aperta, mentre Monica,
la sua collega, se ne stava sdraiata lì di fronte con indosso solo
della lingerie di pizzo nero. La torta mi scivolò dalle mani, mentre
quella scena si imprimeva a fuoco nella mia mente.
Maurizio e Monica
alzarono gli occhi e mi fissarono stupiti. Lui aprì bocca per dire
qualcosa, ma non seppi mai cosa. Mi voltai di scatto e corsi come una
furia, ignorando l'ascensore aperto, giù per le scale. Una volta
raggiunto il piano terra imboccai l'uscita, finendo addosso a
Lorenzo.
Senza una parola,
ripresi a correre. Avrei dovuto scusarmi, ma non lo feci. Lui sapeva.
Sapeva tutto. Aveva cercato di fermarmi quando ero arrivata.
Lacrime di rabbia si
riversarono inarrestabili lungo il mio viso, mentre continuavo
imperterrita a correre. Non so come né perché, ma mi ritrovai
vicino alla ferrovia e lì mi fermai. Correre era inutile, i miei
pensieri correvano più veloci di me. Il dolore, la rabbia, la
tristezza, l'umiliazione mi rimanevano avvinghiati addosso
lacerandomi nel profondo dell'anima.
Iniziai a camminare
lentamente, mentre osservavo il mondo che mi circondava. Il sole
splendeva luminoso come sempre, quasi a volersi beffare dei poveri
mortali, ingenuamente convinti che nulla di male possa loro accadere
finché la luce illuminava le loro giornate.
Era mezzogiorno e
sulla banchina non c'era nessuno. Il prossimo treno sarebbe passato
tra cinque minuti. Mi avvicinai al bordo, pensando di farla finita.
Avevo dedicato a
quell'uomo gli anni più belli della mia vita. Avevo rinunciato ad un
lavoro che amavo per trasferirmi nella sua città, messo da parte il
mio desiderio di diventare madre per compiacerlo, perché lui i
bambini li aveva sempre odiati. Avevo fatto di tutto per lui e questo
è il modo in cui mi ripagava? Non era giusto.
Probabilmente quel
bastardo sarebbe stato felice di non avermi più fra i piedi e
sarebbe stato libero di farsi chi voleva. Gli avrei senz'altro reso
la vita più semplice ponendo fine alla mia esistenza.
Sentii il rumore del
treno in lontananza e misi un piede fuori dal bordo, pronta a
lasciarmi cadere. Presto sarebbe tutto finito.
'E perché mai',
mormorò una vocina dentro di me, 'dovresti rendergli anche
quest'ultimo favore?'
Mi allontanai di un
passo, spaventata da quel pensiero.
'Hai dato tutta te
stessa per quell'uomo e ora vorresti concedergli anche la tua vita?
Lui non ti merita. Non merita le lacrime che hai versato per lui e di
certo non merita la tua vita. Hai trascorso la tua esistenza pensando
solo ed esclusivamente a lui, è ora di pensare per te adesso.'
Il treno arrivò e
le sue porte si aprirono e si richiusero davanti a me. Poi ripartì.
La voce aveva
ragione. Non potevo dare a mio marito, anzi ex marito, anche
quell'ennesima soddisfazione. Dovevo vivere la mia vita per me
stessa, non per qualcuno che non mi aveva mai meritata.
Che se ne andasse al
diavolo! Presto o tardi avrebbe capito la fortuna che aveva perso. Ma
sarebbe stato troppo tardi.
Mi asciugai le
lacrime, mi truccai accuratamente e uscii dalla stazione con un
leggero sorriso sulle labbra.
Mentre camminavo
verso casa, il mondo mi sembrava aver cambiato colore. Non era più
grigio come lo era stato prima, ma lievemente tinto di colori che
prima non avevo mai notato. Non che l'oscurità che mi attanagliava
fosse svanita, ma era già qualcosa.
Ero a qualche
centinaia di metri dal mio palazzo, quando vidi una bambina che
rincorreva la sua palla, che rimbalzava lontano da lei, verso la
strada. Troppo impegnata a inseguire il suo giocattolo, la piccola si
fiondò in strada, senza accorgersi che una macchina si stava
avvicinando a grande velocità.
Non pensai, ma agii
d'istinto. Corsi come non avevo mai corso prima e la spinsi via dalla
strada. Sentii appena l'auto venirmi addosso e senza nemmeno
rendermene conto mi ritrovai sdraiata sul marciapiede, una guancia
contro il freddo asfalto, circondata da molte persone. Tra loro c'era
anche la bambina che avevo salvato. Aveva un ginocchio sbucciato e
teneva stretta la sua palla.
Mi resi conto che
forse stavo per morire, ma non mi importava. L'avevo salvata ed era
questa la cosa più importante. Chiusi gli occhi e mi lasciai
trasportare dalla stanchezza che mi pervadeva, felice per la prima
volta dopo tanto tempo.
♠♠♠
No, non morirò per te è una storia un po' particolare, dal retrogusto malinconico ma che custodisce al suo interno un messaggio molto importante, ovvero che la vita è un bene prezioso e che non va sprecata.
Chiamatelo destino, Dio, karma o come preferite, io rimango convinta che le cose accadano per un motivo. Se Eleonora non fosse ritornata sui suoi passi non avrebbe mai salvato la vita di quella bambina. Forse era questo il suo destino, chissà.
La vita è strana e imprevedibile, non dobbiamo mai dimenticarlo.
Chiamatelo destino, Dio, karma o come preferite, io rimango convinta che le cose accadano per un motivo. Se Eleonora non fosse ritornata sui suoi passi non avrebbe mai salvato la vita di quella bambina. Forse era questo il suo destino, chissà.
La vita è strana e imprevedibile, non dobbiamo mai dimenticarlo.
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