Candido Angelo,
che sotto raggi di luna
t’innamorasti d’un vile mortale.
Sotto l’oscuro mantello,
come una tenera vergine
gli donasti amore.
Fosti per lui
come morbida creta
su le sue ardenti mani.
Spezzò il cielo
l’urlo tuo disumano,
impercettibile all’umano udito.
Lesta volasti nel cielo
errando per il mondo
come un’anima in pena.
Le bianche e argentee piume,
ferite e grondanti di sangue,
l’odio tinse d’un nero lucente.
In Mirall t’immergesti
facendoti sempre più cupa,
e nessuno mai s’avvicinò alle tue acque.
Riemergesti mutata in spirito e in core,
divenendo dell’anime
l’oscuro mietitore.
che sotto raggi di luna
t’innamorasti d’un vile mortale.
Sotto l’oscuro mantello,
come una tenera vergine
gli donasti amore.
Fosti per lui
come morbida creta
su le sue ardenti mani.
Spezzò il cielo
l’urlo tuo disumano,
impercettibile all’umano udito.
Lesta volasti nel cielo
errando per il mondo
come un’anima in pena.
Le bianche e argentee piume,
ferite e grondanti di sangue,
l’odio tinse d’un nero lucente.
In Mirall t’immergesti
facendoti sempre più cupa,
e nessuno mai s’avvicinò alle tue acque.
Riemergesti mutata in spirito e in core,
divenendo dell’anime
l’oscuro mietitore.
Niena era un delicato e fragile Angelo dei Venti dell’Est. Aveva lunghi
capelli rossi, due incantevoli occhi verdi e un animo dolce e gentile.
Le sue ali erano ricoperte di morbide piume bianche striate d’argento,
che rilucevano illuminate dai pallidi raggi della luna. Scendeva spesso
fra i mortali, trasformata in un’esile fanciulla vestita con leggero
abito di seta azzurra. Quella notte Niena passeggiava sulle sponde del
lago Mirall, sotto forma di mortale. Come sempre la luna illuminava il
suo cammino. Mentre camminava serena, con i piedi immersi nell’acqua, si
accorse di non essere sola. Seduto, sotto ad un vecchio olivo, c’era un
ragazzo che la osservava. Niena gli si avvicinò tranquilla e si sedette
accanto a lui. Quant’era bello al chiaro di luna. Svek era alto, con
folti capelli neri e occhi azzurri che incantavano chiunque, anche un
innocente Angelo Celeste. Fino a quando gli occhi di Svek non avevano
incrociato i suoi, Niena non aveva mai saputo cosa fosse davvero
l’Amore. Aveva visto tanti mortali perdere la testa per esso, e
commettere gesti estremi a causa sua. Tredici giorni passarono. Svek e
Niena s’incontrarono ogni notte e fecero l’amore sotto l’olivo, dove si
erano incontrati. La quattordicesima notte Svek non si fece vedere.
Niena l’aspetto preoccupata fino all’alba, quando fu costretta a
riprendere le sue sembianze d’Angelo per adempiere i suoi doveri. Mentre
vagava pensierosa sopra la città di Imrar, invisibile agli occhi
mortali, vide Svek nei pressi delle mura di cinta della città. Fra le
sue braccia stringeva una giovane donna, che baciava con ardente
passione. Il cuore di Niena venne trafitto da lunghe e taglienti schegge
di ghiaccio. Si fermò nel cielo sopra di loro e lanciò un urlo
disumano, che le orecchie umane non potevano sentire. Per anni e anni
Niena vagò per i cieli del mondo, ma niente riusciva ad alleviare la sua
pena. Sulle sue bellissime ali si aprirono tante ferite, da cui il
sangue scendeva lento. Le piume divennero lucide e corvine. Un giorno,
sorvolando il lago Mirall, si tuffò nelle profondità delle sue acque e
li attese. Gli anni passarono e nel suo cuore si addensarono le tenebre.
Diciassette anni dopo riemerse dalle acque del Mirall, le ali nere
spiegate al vento, vestita con un lungo abito nero. Il cielo ormai non
la attirava più. Cercò Svek a Imrar, e quando riuscì a trovarlo gli
sottrasse l’anima, e aprì una dimensione in cui riporvela, la Valle
Infernale. Sul suo polso destro si tatuò l’Omega, la chiave per
accedervi. E fu così che nacquero gli Angeli della Morte.
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